mercoledì 19 ottobre 2011

Una notte a Montélimar

Ed ecco quello che successe dopo la giornata di cammino verso Montélimar.
Stanchi ed affamati entrammo nel primo parco che ci capitò a tiro. Mangiammo tutto quello che avevamo e aprimmo i nostri sacchi a pelo per metterci a dormire. Verso mezzanotte fummo illuminati da un faro: era la polizia che stava pattugliando il parco e ci intimava di andarcene...
Tirammo su le nostre cose e decidemmo di andare a dormire in stazione; le stazioni sono di solito un buon posto per dormire: puoi stare al coperto, generalmente non vieni disturbato e se sei stanco non fai neanche caso al rumore dei treni.
Problema: la stazione di Montélimar era piena; c'era gente che dormiva sulle panchine, per terra, sui carrelli lasciati sulle banchine dei treni...
Iniziammo a vagare guardando in giro per cercare un posto dove metterci quando un tipo ci avvicinò e attaccò bottone.
Ci disse che Montèlimar era una città pericolosissima piena di delinquenti. Lui lo sapeva bene, perché dormiva da anni in quella stazione insieme a sua moglie e ci indicò la sua panchina.
Alla domanda: "ma come fai a dormire tranquillo?", lui aprì la giacca e ci fece vedere una clava di legno da cui spuntavano un bel pò di chiodi, una specie di mazza chiodata fai da te.
Poi ci disse però di non preoccuparci, perché potevamo andare a dormire in un cespuglio che conosceva lui, dove nessuno ci avrebbe disturbato...
E li sperimentammo uno dei primi esempi di unimente: il pensiero che attraversò le nostre teste fu lo stesso: "Certo, nessuno ci disturba, ma tu, con la tua bella mazza chiodata, che ci vieni a fare in quel cespuglio buio e infrattato?".
Lo ringraziammo per i consigli e ce ne andammo rapidamente. Un'unica idea ci muoveva: trovare al più presto delle armi per non farci cogliere impreparati....
Trovammo un cantiere nei pressi della stazione e recuperammo alcune spranghe di metallo, da li cercammo un posto che potesse essere ben difeso: ed ecco che vedemmo lo scalo merci ferroviario.
Salimmo su un vagone merci e ci chiudemmo dentro. Inutile dire che trascorremmo una notte sul chi vive e quando un colpo di vento fece sbattere una delle porte del vagone ci precipitammo tutti fuori in mutande con le nostre splendide spranghe...
Il giorno dopo ce ne andammo con le nostre fide spranghe verso posti più tranquilli.

Per completezza ho cercato qualche foto della mazza chiodata del tipo, quella che più ci si avvicina (trovata qui) è questa:


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