martedì 25 ottobre 2011

In canoa nell'Ardéche

Correva l'ormai lontana estate del '94: il vostro affezzionatissimo, assieme a Ovetto, Mandrake e il Maggiore noleggiò due canoe per poter navigare nella riserva naturale delle gole dell'Ardéche.
Cito il depliant illustrativo (tenete a mente le parti sottolineate):
"Il percorso si estende ai piedi delle falesie selvagge per una trentina di chilometri. A 8 chilometri dalla partenza, il fiume si addentra veramente nella natura, la strada scompare e solo i "sentieri delle capre" consentono di uscire dalle gole.
Questa escursione è costellata da una trentina di piccoli passi. Non si tratta di cascate né di sbarramenti ma di accelerazioni classificate I e II dalla Federazione Francese di Canoa Kayak, e quindi senza particolari difficoltà.
Per la discesa in due giorni sono previste, a metà percorso, due aree di bivacco obbligatorieChâteau de Gaud e Bivouac du Gournier".
Era la prima volta in vita mia che mettevo piede su una canoa, ma tutto sommato non sembrava difficile: la corrente ci trascinava lungo il fiume e noi pagaiavamo felici per evitare le rocce che affioravano dal fiume.
Dopo un pò incrociammo la prima accelerazione: le canoe presero ad andare per i fatti loro, senza che noi potessimo fare alcunchè...
Alcune ore (e alcune accelerazioni) dopo, ci rendemmo conto di aver saltato bellamente le aree di bivacco e di essere ormai immersi  "veramente nella natura", dove "la strada scompare e solo i "sentieri delle capre" consentono di uscire dalle gole.". La consapevolezza di esserci giocati i bivacchi e la possibilità di dividere in due giornate la discesa pesava come un macigno; iniziammo quindi a pagaiare come disperati per poter arrivare in fondo al percorso in un giorno solo invece dei due previsti dall'escursione (e dal suo bel depliant illustrativo).
E qui avvenne l'evento: la corrente aumentò e vedemmo che una delle accelerazioni si stava avvicinando. Ma non si trattava di un'accelerazione come quelle che avevamo già superato, bensì di una specie di curva a gomito, dove il fiume svoltava attorno a un immenso monolite di roccia.
Io e Mandrake l'affrontammo per primi: perdemmo subito il controllo della canoa e oltrepassammo la curva dando le spalle alla corrente. Dalle rive del fiume giunsero gli applausi di quelli che si erano fermati a guardarci e credevano fossimo degli esperti, visto che affrontavamo le rapide senza nemmeno guardarle. Approdammo su una spiaggetta e baciammo il terreno che finalmente potevamo toccare.
Dietro di noi, la voce del Maggiore rassicurava Ovetto: "Tranquillo, la corrente ci porterà..."
Mai parole furono più azzeccate: la corrente li portò dritti verso il monolite, dove la canoa affondò miseramente assieme a tutti i loro averi, inclusi gli occhiali di Ovetto.
Li trascinammo a riva assieme a quello che riuscimmo a recuperare dalla corrente.
Dopo un breve riposo, fummo costretti a ripartire, ma il fiume si vendicò di tutte le maledizioni che gli avevamo tirato: la corrente diminuì fino ad essere impercettibile e quindi pagaiammo per ore prima di poter arrivare alla fine del percorso.
Fu una corsa contro il tempo: alle 18 il noleggio chiudeva e noi non volevamo pagare due giorni....
Ce la facemmo, ma quando riconsegnammo le canoe eravamo talmente stanchi che ci addormentammo nel primo parco che ci capitò a tiro: solo al mattino scoprimmo che si trattava del cimitero del paese.


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